Nel 1972 Jane Fonda vince l’Oscar come migliore attrice per la sua interpretazione nel film Una squillo per l’ispettore Klute (il titolo in inglese è semplicemente Klute) accanto a Donald Sutherland.
New York, una giovane prostituta è nel mirino di un depravato assassino e in suo aiuto arriverà un ex poliziotto in cerca della verità. Tra i due nascerà l’amore. Eppure il film di Alan J. Pakula è tutto tranne che una storia romantica: è un affresco di una New York viziosa e libertina, del sesso e della droga come uniche soluzioni contro l’infelicità, della difficoltà di fare dell’arte un vero lavoro. La protagonista è una squillo, ma è anche un’aspirante attrice che si impegna in una compagnia teatrale e fa provini per il Cinema e la Televisione, avendo come unica e remunerativa fonte di guadagno la prostituzione. Ogni settimana la ragazza si reca da una psicologa perché vorrebbe smettere di provare piacere nel suo lavoro di puttana: prova un senso di potere e di controllo quando fa sesso con i clienti e questo le dà una soddisfazione di cui non riesce a fare a meno.
È interessante notare la facilità con cui Bree, la protagonista, si destreggi tra un personaggio e l’altro quando è con i clienti, divertendosi ad essere tante donne diverse a seconda delle richieste, e come invece fugga via di fronte ai provini d’attrice. Come lei stessa ammette, è il controllo che sente di avere sugli uomini attraverso il sesso a fare la differenza; se non c’è il sesso lei perde potere e diventa vulnerabile, oltreché disorientata. E disorientata si sentirà quando il dolce e apprensivo ispettore Klute s’innamorerà di lei. Quell’uomo, con la faccia da giuggiolone come lei lo definisce, la ama così com’è, non gli interessa che sia una prostituta, o che si droghi o che rubi la frutta al mercato. Durante le riprese del film i due attori iniziarono realmente un’intensa e passionale relazione, e questa complicità può scorgersi nella fiducia con cui i loro corpi entrano in contatto in certi momenti, o in alcune scene improvvisate tra le strade di New York dove i loro sguardi comunicano senza bisogno di parole. Per la prima volta Bree/Jane Fonda confessa alla psicologa di provare piacere fisico durante il sesso con uomo, ma questo rapporto è troppo lontano dai soliti schemi a cui è abituata e sente il bisogno di volerlo rovinare. Non accetta di sentirsi amata e fugge via, tra le braccia del suo ex fidanzato, tossicomane e protettore (interpretato da Roy Scheider). Bree vende amore agli uomini, sesso, godimento, ma lei non gode mai perché crede che il vero piacere risieda nel controllo e non nella condivisione.
C’è un complesso universo dentro il quale si collocano le donne che si prostituiscono e, forse, fare la puttana è il lavoro più bello del mondo, se si è coscienti fino in fondo di cosa si vuole ottenere dai rapporti umani e sessuali. Prostituirsi equivale a donarsi e a farsi amare per qualche istante. A volte implica un sacrificio, altre volte una necessità, ma resta un lavoro dietro al quale si celano desideri e bisogni che non appartengono ai clienti, quanto alle donne che decidono di donarsi a loro.
Alice Bonvini