“Sono nata il ventuno a primavera” – Auguri ad Alda Merini

alda merini

Il primo giorno di primavera. Una festa silenziosa. Il 21 marzo è la giornata della poesia ed è anche il giorno, come molti sanno, in cui nacque Alda Merini; a una donna così non si può non brindare, e per le strade dei Navigli ora deserte, immagino i personaggi da lei ritratti uscire dal loro tempo – un mondo che sembra lontano ma ha il sapore dell’altroieri – e camminare nella penombra dei quartieri di oggi, dai quali forse non si sono mai allontanati, quelle porte di Milano, porti di anime speranzose e perdute. Chi cammina lento, chi arriva barcollando, chi pettinandosi i capelli e chi con il cuore che danza. Donne e uomini popolano la Ripa di Porta Ticinese, Betty la tabaccaia, la Maddalena, ognuno alle prese con la propria umanità, Alda li guarda e ne ritrae la voce. Alda resta nel cuore perché parla con semplicità maestosa, perché il suo linguaggio cerca ardentemente la verità, e perché in questo ardore ogni cosa diventa una musa, a partire dalla poesia e dai suoi stessi pensieri. Perché la sua poesia scava nel quotidiano, ne sfiora gli orizzonti per illuminarne la sacralità.

Altre volte la poesia di Alda urla. Urla dolore. Un dolore elettrico. Urla incomprensione. Manicomio e Terra Santa, cliniche, tecniche di psichiatria invasive, elettroshock, morfina. Alda narra della vita attraverso le mura degli istituti psichiatrici, e la sua esperienza è stata tema di trattazione da parte di alcuni autori, anche nel mondo del teatro. Un urlo tagliente, una denuncia sociale. Ma alla fine, urla più forte d’amore. Alda, la poetessa dei Navigli, della follia, poetessa d’amore, un amore che salva, infiamma e si strugge, si libera, è fecondo, si ama e si condanna, discende in se stesso, si redime e si eleva. Il suo parlare sembra talvolta un continuo borbottio, un eterno mugghiare sommesso, di onde, i cui pensieri arrivano da molto lontano. Le sue parole sono potenti, sfacciate, irruente, dolci, piene. Ma con le parole, Alda fa sentire a casa. È presente, ci conforta e con la sua ironia torna a bussarci, a ricordarci che torna sempre la primavera, come la poesia.

Elena Tondo

*

Canto alla luna

La luna geme sui fondali del mare,
o Dio quanta morta paura
di queste siepi terrene,
o quanti sguardi attoniti
che salgono dal buio a ghermirti nell’anima ferita.

La luna grava su tutto il nostro io
e anche quando sei prossima alla fine
senti odore di luna
sempre sui cespugli martoriati
dai mantici
dalle parodie del destino.

Io sono nata zingara, non ho posto fisso nel mondo,
ma forse al chiaro di luna
mi fermerò il tuo momento,
quanto basti per darti
un unico bacio d’amore.

*

Dicono che io sia pazza

Dicono che io sia pazza
perché dico la verità dovunque
e siccome agli altri piace
vivere accomodati
sopra ampie poltrone o nei divani
la mia verità da fastidio,
è come la voce di Cassandra
dentro l’anno duemila,
ed è certo che io appartengo al passato
che sono nata fuori del tempo
che non mi piace la mia era,
eppure questo romanticismo
fa sì che io sia pazza
e che non trovi una dimora precisa,
questa malagevole sorte
mi fa soffrire
perché non sono che una semplice,
sono un filo d’erba gentile
e la pazzia, ahimè
è un albero troppo alto
perché possa toccarlo.

*

Ieri sera nel basso dentro la gioconda osteria

Ieri sera nel basso dentro la gioconda osteria
un uomo trangugiava il suo vino
con una voluttà bacchica e assente,
io guardavo la sua gola turgida
di vino e dimenticanza
e mi chiesi come mai mi tenessi in cuore una spina
senza chiedere aiuto a Bacco.

*

I versi sono polvere chiusa

I versi sono polvere chiusa
di un mio tormento d’amore,
ma fuori l’aria è corretta,
mutevole e dolce ed il sole
ti parla di care promesse,
così quando scrivo
chino il capo nella polvere
e anelo il vento, il sole,
e la mia pelle di donna
contro la pelle di un uomo.

*

Apro la sigaretta

Apro la sigaretta
come fosse una foglia di tabacco
e aspiro avidamente
l’assenza della tua vita.
È così bello sentirti fuori,
desideroso di vedermi
e non mai ascoltato.
Sono crudele, lo so,
ma il gergo dei poeti è questo:
un lungo silenzio acceso
dopo un lunghissimo bacio.

*

Ascolta il passo breve delle cose

Ascolta il passo breve delle cose
-assai più breve delle tue finestre-
quel respiro che esce dal tuo sguardo
chiama un nome immediato: la tua donna.
È fatta di ombre e ciclamini,
ti chiede il tuo mistero
e tu non lo sai dare.
Con le mani
sfiori profili di una lunga serie di segni
che si chiamano rime.
Sotto, credi,
c’è presenza vera di foglie;
un incredibile cammino
che diventa una meta di coraggio.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: