Giuseppe Ungaretti è senza dubbio uno dei più grandi poeti del 900 e le sue poesie sono vere e proprie pietre miliari. Molti, però, ignorano che Giuseppe Ungaretti era anche un grande appassionato di musica e ha pure inciso un disco.
In realtà definire il progetto musicale di Ungaretti come semplice disco, forse, è piuttosto riduttivo; si tratta più di un testamento spirituale, di una missione culturale, di brandelli di vita e storie di amicizia incise su un 33 giri. Il progetto nasce dall’inaspettato incontro tra Ungaretti e Vinicius de Moraes avvenuto nel 1937 in Brasile. Da qui il titolo: “La vita, amico, è l’arte dell’incontro”. A quel tempo Ungaretti, che versava in grave difficoltà economica, aveva appena vinto la cattedra di Lingua e Letteratura Italiana all’Università di San Paolo. Arrivato in Brasile proprio nel mese di Febbraio e dunque nel periodo del Carnevale, il poeta rimase subito colpito dal clima di festa che si respira per le vie cittadine, dai balli sfrenati e dalla travolgente musica popolare brasiliana. E’ proprio in questo contesto che Ungaretti conosce un giovanissimo poeta, cantautore e drammaturgo un po’ scapestrato di nome Vinicius de Moraes. Tra i due è amore a prima vista. Si instaura così un autentico rapporto di amicizia e di stima reciproca, tanto che Ungaretti – estasiato dalle poesie di Vinicius – decide di tradurne alcune in italiano. L’incarico all’Università, purtroppo, termina nel 1942 e Giuseppe fu costretto a tornare in Italia, non riuscendo a concretizzare ulteriori collaborazioni con l’amico brasiliano. Ma il destino aveva in serbo dei piani differenti, e fu così che Vinicius Moraes, un pomeriggio del 1969, si presenta a casa di Ungaretti. A causa dell’aggravarsi della situazione politica nel proprio Paese, il poeta-cantautore brasiliano cerca rifugio in Italia dal suo amico fidato.
Sono passati più di trent’anni dal primo incontro e il mondo nel frattempo è profondamente cambiato, ma i ricordi delle serate passate insieme a suonare bossa nova e recitare poesie sotto il cielo stellato di Rio sono più vivi che mai. Il tempo sembra non essere mai trascorso. I due passano le notti nella dimora romana di Ungaretti a ballare, suonare musica, discutere di poesia e filosofia. La casa è un continuo via vai di intellettuali, musicisti, personaggi dello spettacolo e belle donne dai facili costumi. Quel periodo viene ricordato così da Walter Mauro, musicista e storico del Jazz .” Ero allievo di Ungaretti all’Università: uno shock, una folgorazione. Insegnava Leopardi, ma rimaneva mesi e mesi sulla stessa poesia, perché spiegava i primi versi e poi iniziava a divagare. Spesso usciva addirittura dall’aula – noi alunni dietro – per continuare la lezione in tram e a casa sua, dove rimanevano fino a sera, quando arrivava Vinicius de Moraes, poeta e musicista brasiliano, ed era un’esplosione di samba, canzoni, versi: tra gli ospiti più assidui la giovanissima Ornella Vannoni. Impossibile resistere agli occhi di Ungaretti, che erano come sciabole. A quella sua voce d’oltretomba. Ancora più per le studentesse, che cercava inesorabilmente di sedurre.”
Ed è proprio in onore dei vecchi tempi che i due, tra una festa e un brindisi, decidono di recarsi presso gli Studi della RCA, storica etichetta musicale con sede a Roma e oggi non più attiva, per incidere il loro primo lavoro musicale. Bastano tre sessioni di poche ore per terminare il tutto perché, si sa, ai grandi artisti bastano pochi attimi per comporre opere che dureranno in eterno. I due artisti decidono di fondere le loro due grandi passioni, ovvero la musica e la poesia, in un unico progetto, creando così un mix esplosivo. Il disco è diviso in due filoni concettuali: da un lato la rivisitazione di bossa nova, samba e canzoni tipiche brasiliane, dall’altro una magistrale interpretazioni da parte di Ungaretti delle poesie dell’amico Vinicio, tradotte in italiano anni prima. Al progetto collaborano anche artisti del calibro di Toquinho, Sergio Endrigo, Antonios Carlos Jobin , amici del duo Ungaretti- Vinicius, che con mano sapiente riescono ad armonizzare le melodie del disco e a donargli un suono unico ed esotico.
Le poesie e le canzoni si inseguano l’una con l’altra, come a voler costringere l’ascoltatore a riflettere se è più emozionante il suono delle note o le parole di Ungaretti. La traccia più riuscita, anche a livello commerciale, è Samba delle Benedizioni, un vero e proprio inno alla vita che travolge con il suo ritmo spensierato. Anche Sonetto dell’amore totale, Serenata dell’addio e Il giorno della creazione sono delle vere e proprie opere d’arte, destinate a durare nel tempo. In realtà, è forse impossibile stabilire quali canzoni siano meglio di altre, dal momento che ogni secondo di registrazione porta con sé emozioni autentiche e momenti di altissimo livello artistico. Ci vorrebbe un intero trattato musicale e di poesia per analizzare ogni traccia del disco anche perché, ad ogni ascolto, si percepiscono sfumature nuove e ulteriori spunti di riflessione.
Ungaretti morì circa un anno dopo la pubblicazione del disco, all’età di ottantadue anni: sembra un disegno divino, quasi come se il destino avesse voluto aspettare il coronamento del sogno di una vita di due amici. Il disco termina su delle note di samba in cui Vinicius, con un italiano un po’ maccheronico, dedica una “benedizione” ai “compagni di canzone e cari amici, che tanti samba hanno viaggiato con me e ancora viaggeranno…perché è un samba venuto da Bahia, e se è bianco di pelle in poesia, è nero nell’anima e nel cuore”. Insomma, un ultimo ringraziamento agli amici di una vita e ai compagni di avventura, che hanno reso possibile vivere momenti di spensieratezza e vette artistiche che difficilmente verranno eguagliate. Perché l’amicizia è un bene prezioso. L’amicizia è vita. E la vita, amico, è l’arte dell’incontro.
Tommaso P.