Doo – Bop: il testamento di Miles Davis

“Doo – Bop” è l’ultimo album registrato in studio da Miles Davis, uscito il 30 Giugno 1992. In questo disco Miles Davis ha deciso di immortalare l’atmosfera della New York dei primi anni ’90. Un chiaro omaggio alla sua New York, che lo accolse poco più che ventenne, quando da un piccolo paesino dell’Illinois approdò nella grande mela con un bagaglio carico di sogni e una tromba sgangherata, per cercare di fare il salto di qualità e passare dai fatiscenti Club per soli neri di East St Louis all’Olimpo della musica jazz. Per realizzare questo lavoro, Miles passò intere giornate nel proprio appartamento newyorkese, spalancando le finestre e lasciandosi trasportare dalle mille luci e dalle sonorità della metropoli. E così nella mente del grande Maestro, come per magia, il colpo di clacson o il vociare del mercato si trasformavano in note, che si rincorrono tra di loro come automobili nel traffico dell’ora di punta. Davis riuscì nell’impresa di immortalare quei rumori e quelle sonorità e di trasformarle in musica, proprio come un pittore immortala su tela un bel paesaggio.

Per concretizzare il progetto l’artista iniziò a collaborare con il produttore Easy Mo Bee, una vera e propria leggenda dell’underground newyorkese. Tra i due scoppiò immediatamente la scintilla e nell’estate del ’91 iniziarono a incidere il disco. Quando tutto sembrava andare per il meglio, Miles fu colpito da una grave forma di polmonite che gli risultò fatale: morì il 28 settembre 1991 nell’ospedale di Santa Monica, California. Le registrazioni di Doo – Bop non erano ancora giunte al termine, dato che Miles Davis aveva completato e approvato solamente sei canzoni; grazie alla sapienza di Easy Moo Bee – che ebbe l’intuizione di utilizzare e riadattare degli assoli di tromba di Davis derivanti da materiale scartato o inedito – vennero registrate le canzoni High Speed Chase e Fantasy e il disco vide finalmente la luce.
“Doo – Bop” è un disco che rompe ogni schema, grazie a sonorità decisamente innovative e a melodie capaci di entrarti nella testa. Emblematica a tal proposito è la traccia The Doo – Bop song che con il suo ritornello ipnotizza letteralmente l’ascoltatore. Atmosfere cupe e malinconiche, come nella traccia di apertura Mystery si alternano a sonorità cariche di energia e sensualità come Chocolate Chip e Blow. Degni di nota anche i campionamenti utilizzati, che spaziano da Summet Madness dei Kool and The Gang a Jungle Strut di Gene Ammons. Con “Doo – Bop” si viene trasportati in un emozionante viaggio sensoriale che proietta l’ascoltatore tra le vie della New York degli anni ’90 e lo immerge in un turbine di note. Il protagonista di questo disco non è il suono della tromba, che anzi appare molto minimale e a tratti malinconico, quasi soffocato, ma le melodie e le sonorità uniche ed innovative. Per tale motivo l’album fu accolto con freddezza dai critici dell’epoca e dai “puristi” del jazz, ancorati a sonorità più classiche. Ciononostante a mio avviso questo album è da considerarsi un ottimo lavoro, a tratti rivoluzionario, capace di emozionare sia l’ascoltatore neofita che si affaccia all’universo davisiano per la prima volta sia il fan più incallito. “Doo – Bop” è l’ennesima prova non solo dell’indiscusso talento musicale di Miles Davis, ma anche della sua capacità di rompere gli schemi ed esplorare nuove sonorità.

Per Davis, infatti, sarebbe stato più facile sedersi sugli allori e riproporre una goffa rivisitazione in chiave moderna di “Kind of Blues” o altri vecchi successi del passato che – nonostante il fisico consumato dal diabete e da anni di alcolismo e tossicodipendenza – avrebbe certamente messo d’accordo pubblico e critica. E invece grazie alla continua voglia di esplorare nuovi orizzonti musicali e un pizzico di sana strafottenza, ecco che il Maestro rompe di nuovo le regole del gioco e ci regala un’ultima zampata di creatività musicale. Una sera Miles Davis, dopo aver criticato per ore la scena jazz dell’epoca e i valori della società dei bianchi, fu incalzato da una donna che irritata gli domandò: “E Lei che cosa avrebbe fatto di così importante nella sua vita per dire ciò?” l’artista rispose: “Be’ io ho cambiato la storia della musica almeno cinque o sei volte”. Una frase supponente ed arrogante, ma Davis aveva ragione e questo disco ne è l’ennesima conferma. L’uscita di Doo – Bop, infatti, anticipò un nuovo genere musicale in cui l’hip hop più autentico e genuino si va ad intrecciare con l’eleganza della tromba e la sapienza della musica r’n’b. Negli anni successivi questo nuovo sound si spargerà a macchia d’olio e influenzerà numerosi artisti sparsi per il globo, dando vita ad una nuovo genere musicale che tutt’oggi continua a entusiasmare milioni di persone. Penso che la continua voglia di esplorare nuovi confini e un sincero amore per la musica fu ciò che tenne in vita Davis e lo aiutò a superare gli anni più bui della sua esistenza, come quando passò quattro anni chiuso in casa, senza toccare la tromba e senza vedere nessuno, dilaniato da depressione, stupefacenti ed alcolici. “Una leggenda è un uomo anziano conosciuto per ciò che è stato in grado di fare, io sto ancora facendo”, disse Miles nei suoi ultimi anni di vita, quando molti lo davano ormai per artista spacciato, destinato a vivere di ricordi. Grazie a questa mentalità il Maestro si rialzò sempre, risorgendo dalle proprie ceneri come un’araba fenice. Ed è proprio questo il grande insegnamento di Miles Davis, che emerge con prepotenza anche in questo disco: bisogna sempre guardare al futuro e non lasciarsi tormentate dal passato; la passione per la musica, o per qualsiasi altra forma d’arte, può aiutarti ad uscire da qualsiasi situazione, anche la più dura e complicata. Un messaggio che rimane di un’attualità sconcertante, soprattutto in questo particolare periodo storico che stiamo vivendo.

Tommaso P.

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